Tribunale di Verona, sentenza del 12 novembre 2020.
A cura di Marika De Bona
Nella previsione di un assegno divorzile in favore del coniuge debole, il Tribunale di Verona riconosce, da un lato, il contributo apportato dalla moglie durante il matrimonio, occupandosi della gestione familiare e dell’accudimento della prole, dall’altro, la compromissione delle aspettative pensionistiche per aver sempre svolto attività lavorativa part-time.
Il giudice del merito ha, quindi, condiviso, in tema di assegno divorzile, i principi sottesi alla nota pronuncia della Cassazione Sezioni Unite n. 18287/2018, che ne attribuisce una funzione non soltanto assistenziale, ma anche compensativa-perequativa.
In tal senso, nel riconoscere detto assegno in capo alla moglie, ha dato rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si era impostata la relazione coniugale accertando come la condizione di squilibrio economico-patrimoniale tra gli ex coniugi fosse eziologicamente riconducibile alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari.
Non è stata, invece, accolta la richiesta di aumento dell’assegno divorzile data l’assenza di circostanze sopravvenute, rispetto all’epoca della separazione, da parte di entrambi gli ex coniugi.
È stata disposta la riduzione del contributo al mantenimento dovuto in favore della figlia maggiorenne tenuto conto dell’attività lavorativa dalla stessa svolta con conseguente concreto contributo della ragazza alle spese familiari.
Il Tribunale ha, invece, rigettato la richiesta del padre di versamento diretto dell’assegno in capo alla figlia aderendo al principio secondo cui il coniuge separato o divorziato, collocatario del figlio, ha una legittimazione concorrente con quella del figlio maggiorenne, ma non economicamente indipendente, alla riscossione dell’assegno in ipotesi di convivenza.
Pertanto, in assenza di una specifica domanda del figlio, il genitore tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non può pretendere di assolvere la propria prestazione nei suoi confronti in luogo del genitore convivente. Nel caso di specie poiché la figlia non aveva avanzato una richiesta specifica in tal senso è stata confermata la legittimazione della madre a percepire l’assegno.
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